Il Cappone di Morozzo, presidio Slow Food, è una specialità cuneese che si consuma soprattutto durante le festività: 4 chef in Asia l’hanno reinterpretato.
Tradizione cuneese vuole che, in occasione delle festività natalizie, in cucina non manchi il cappone. Certo sarebbe un peccato relegare un prodotto così notevole soltanto al Natale. Nel comune di Morozzo ad esempio è anche celebrato in un’omonima e antica fiera, le cui origini sembrano risalire al passaggio in Italia di Napoleone, che chiude ufficialmente l’autunno. Un famoso detto piemontese, infatti, recita così: “Con ‘l capùn se sara ‘l porton”, ovvero “con il cappone si chiude il portone”, come degna conclusione di una stagione ricca di appuntamenti dedicati al gusto. Riconosciuto presidio Slow Food, il cappone di Morozzo è allevato nelle aie insieme alle femmine, le pule, secondo una tradizione rigorosa.
Il cappone anche a domicilio
Quest’anno, a causa delle restrizioni imposte per il contenimento del contagio da coronavirus Sars Cov-2, l’appuntamento con la fiera dedicata è saltato. Il comune di Morozzo, insieme al Consorzio per la tutela e la valorizzazione del cappone, non si è lasciato scoraggiare e insieme hanno organizzato “Capùn a cà… la pula cò”, con preparazione e consegna a domicilio di box prodotti e piatti a base di carne di cappone.
Gli chef in Asia alle prese con il cappone di Morozzo
Per diffondere ulteriormente la cultura del cappone di Morozzo, quest’anno sempre il comune, insieme a Manuela Fissore e con la promozione dell’Azienda turistica locale del cuneese, ha spedito il volatile in quattro importanti ristoranti di Bangkok. I capponi sono stati infatti inviati a 4 chef in Thailandia, che una volta ricevuto lo hanno cucinato elaborando una propria rivisitazione. Visto il successo l’Atl è già pronta a osare ancora di più: il progetto, per il prossimo autunno, potrebbe essere quello di farlo diventare un appuntamento fisso, allargando lo sguardo anche ad altri prodotti tradizionali della cucina cuneese.
Chef Tim Butler di Eat Me, americano da 13 anni a Bangkok, che propone una cucina internazionale con grandi influenze asiatiche ha pensato a un cappone con erbe aromatiche (tra cui citronella, lime, zenzero) poi affumicato per 3/4 ore e servito con del chili.
A sua volta Luca Appino, proprietario de La Bottega (tra i ristoranti italiani più famosi e premiati a Bangkok) ha invece aiutato il suo chef Andrea Ortu nella preparazione di tortellini con ripieno di cappone, prosciutto crudo, mortadella e parmigiano Reggiano.
Quindi Paolo Vitaletti, proprietario di Appia, cucina italiana e in particolare romana, con il suo chef Miro Mattalia, fino all’anno scorso chef del noto ristorante Consorzio di Torino, ha invece proposto il cappone di Morozzo in viaggio sull’Appia: lo ha farcito con salsiccia, cicoria, guanciale e patè di fegato di maiale.
E infine da Jua, ristorante di ispirazione giapponese, lo chef Chet Atkins ha creato una sua versione dello yakitori di cappone, con la salsa preparata a partire dalle ossa del volatile, bacon, salsa di soia, sake, zucchero, aglio, green onion e brodo di pollo.